FIMMG ME inform@ - (Rassegna stampa)
''La sanità si informatizza con i soldi dei MMG. Le regioni non investono benché vogliano tagliare chi non si allaccia'' - Corriere Medico
Venerdì, 17 Novembre 2006
16 Novembre 2006




La sanità si informatizza con i soldi dei MMG
Le regioni non investono benché vogliano tagliare chi non si allaccia
Le regioni intendono persino licenziare i medici di famiglia che non si allacciano alle loro reti, ma pretendono anche che siano gli stessi medici con propri soldi a costruire quelle reti cui è legato il loro destino. Il dato singolare è emerso a Fiuggi al congresso del consorzio delle cooperative di generalisti Cos, a una tavola rotonda dove Giorgio Moretti, leader dei produttori di software di studio, ha dato semplici numeri. «In Gran Bretagna – ha detto – per informatizzare i medici lo stato spende 12 mila miliardi di vecchie lire. La Francia parte con 3 mila miliardi. La Lombardia ha realizzato la rete Siss allacciando i generalisti con 2 mila miliardi. L’Emilia Romagna per collegare medici e strutture (progetto Sole) ha messo in bilancio 50 miliardi, il ministero della Salute per il Sud altri 100 miliardi. Regioni come Marche e Toscana, però, non hanno messo niente e il Veneto si è fermato ». E dal Friuli Venezia Giulia al Veneto, dalla Toscana alla Liguria, le regioni hanno puntato gli incentivi della convenzione sulla medicina in rete, forma irreversibile dell’associazionismo, dato che la Lombardia toglie la quota variabile dello stipendio a chi non si lega al Siss dopo l'agosto 2007 e l’Emilia Romagna medita di togliere la convenzione con il Ssn ai medici disobbedienti (si veda Corriere Medico del 2 novembre). A Bruno Palmas, quadro del sindacato Fimmg, non pare un caso. «E’ possibile – esclama – che dal Veneto alla Toscana siano i medici di famiglia a doversi pagare le reti informatiche? ». E bastano gli incentivi a coprire la spesa e la perdita di potere contrattuale del generalista? Dal dibattito con l’esponente del ministero della Salute, emerge che, da una parte, al generalista le regioni chiedono di contribuire a redigere un “fascicolo sanitario elettronico”(Fse), file che per ogni cittadino indica tutte le prestazioni ottenute con i soldi del Ssn; dall’altra, però, l’Unione europea chiede agli stati membri i dati della scheda anamnestica (che identifica con il Fse) incluse le altre informazioni raccolte dal curante. Il congresso del Cos – divenuto nell’occasione Consorzio dei consorzi regionali, ombrello per 90 coop di 3.500 generalisti – ha fatto poi un punto sul futuro delle cooperative con il neosegretario della Fimmg Giacomo Milillo. I medici denunciano il rischio di sforzi vani e la presenza di pregiudizi nella legge. «Per anni – dice Antonio Di Malta (Consorzio dei consorzi) – abbiamo dovuto dimostrare, convenzione alla mano, che la coop non eroga prestazioni sanitarie e spiegare che il generalista non lucra con la coop, ma reinveste tutto ciò che incamera, né usa la coop per trattare alle spalle del sindacato. Ora restano norme sull’Iva penalizzanti (che avvantaggiano altre forme associative) e vincoli ai poliambulatori delle coop che ospitano anche specialisti: l’accesso allo specialista infatti per legge è separato da quello al medico di famiglia a dispetto dell’integrazione tra sanitari ». A Di Malta replicano Milillo e il consigliere Enpam Alberto Oliveti. Il primo tira le somme: «Le coop sono la certificazione che la categoria sta stretta nella posizione che oggi occupa. In assenza di soldi, i generalisti hanno imparato a fare da soli per dimostrare che, dove possono, offrono prestazioni ulteriori. C’è un limite: le coop non possono far riversare tutti i compensi dei medici sul Ssn». Milillo chiede al senatore-medico Ignazio Marino (commissione sanità Senato) una legge per cambiare lo status del generalista propedeutica alla nuova convenzione. Marino ventila interventi (in primis sulla formazione da rendere specialistica) per restituire carisma ai generalisti. Oliveti, invece, offre l’impegno Enpam a studiare forme in cui l’ente pensionistico investa per realizzare centri polifunzionali di cui le coop coprirebbero la costruzione mediante gli affitti pagati dai medici, soci e non.
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