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''Riordinare le competenze per poter rilanciare l’Ecm. Per la Fnomceo vanno rivisti i ruoli delle istituzioni e dell’industria'' - Corriere medico
Giovedì, 23 Novembre 2006
23 Novembre 2006




Riordinare le competenze per poter rilanciare l’Ecm
Per il leader della Fnomceo Bianco vanno rivisti i ruoli delle istituzioni e dell’industria
Educazione continua medica da rifondare, sì; ma senza trascurare il ruolo formativo delle industrie, anche se le regole d’ingaggio tra produttori di farmaci e prescrittori vanno ritoccate. E’ la posizione della Federazione degli ordini (Fnomceo) e del suo presidente Amedeo Bianco, che nell’attuale stallo della formazione permanente dei medici vede un’occasione per chiarire i compiti di tutte le istituzioni in gioco, dal binomio statoregioni al complesso mosaico ateneo, ordini, industrie e società scientifiche. L’attuale momento per Bianco è raffigurabile da una curva a gomito. Ripercorriamola. L’Ecm è uscita di strada a sette anni dall’avvio, tradita tre volte in poco più di un mese. Il 2 ottobre la commissione nazionale ha sospeso l’accreditamento degli eventi formativi, dopo un anno di “transizione”. Sette giorni dopo la Corte costituzionale ha sancito che i provider – cioè gli enti organizzatori di convegni e lezioni a distanza – sono da rifare: spetta alle regioni e non a Roma dire quali requisiti devono possedere. Quindi, d’ora in poi anche sindacati e ordini, se accreditati dalle regioni, possono formare su tutte le materie. Infine, anche l’industria, che quest’anno ha sponsorizzato il triplo dei corsi dell’anno scorso, ha defezionato, dopo l’annuncio del governo di un nuovo taglio del 5 per cento dei prezzi dei farmaci coperti dalla sanità pubblica. La curva in cui l’Ecm è uscita corrisponde alla fine del cosiddetto quinquennio sperimentale: dall’anno prossimo gli eventi di formazione non avrebbero più dovuto essere accreditati dagli esperti selezionati dalla commissione Ecm (referee) sulla base dei criteri dettati dalla stessa, ma direttamente dal provider indicato dal governo attraverso le società scientifiche, riunite nella Federazione Fism e bocciate dalla Consulta. E ora? In uno scambio di lettere, il ministro della Salute Livia Turco ha chiesto al coordinatore degli assessori regionali, Enrico Rossi, di gestire insieme il periodo transitorio fino all’approvazione di linee guida comuni governo- regioni. L’idea è di prorogare la fase sperimentale di accreditamento degli eventi in parallelo, sia da parte dei provider che da parte dei referee. E dopo? La sentenza non pare vietare una commissione nazionale Ecm, più regionalizzata, come centro di potere interregionale extragovernativo, capace di omogeneizzare le norme regionali. Tuttavia sembra più vicina una regionalizzazione spinta. Alla vigilia di un importante incontro a Roma (il 24 novembre) sulla formazione e di un consiglio nazionale dei 103 presidenti di ordine, il leader della Fnomceo Bianco ha una ricetta per superare la curva a 90 gradi. In tre atti. «Premetto – dice – che è una curva a gomito che non abbiamo voluto noi medici, nasce dal mancato chiarimento tra competenze statali e regionali; la formazione permanente fu proposta con il decreto legge Bindi 229 del ’99, ma due anni dopo il federalismo ha reso l’Italia federale. Ora serve una nuova legge, che appunto paragonerei a una sterzata». «I primi 30 gradi della sterzata – aggiunge Bianco – si concretizzano in un chiarimento tra le competenze nazionali in tema di formazione, che dovrebbero essere di indirizzo, e le attività regionali. Noi auspichiamo una ripartizione capace di dare valore aggiunto al sistema: lo stat o detta le linee generali di accreditamento dei provider, le caratteristiche dei crediti e dei progetti nazionali di formazione e le linee guida di accreditamento dei provider nazionali; le regioni introducono nuovi criteri di accreditamento e danno il via agli eventi di rilievo regionale». «I secondi 30 gradi della sterzata – prosegue Bianco – riguardano il “chi fa cosa”: chi accredita, chi fa, chi valuta e migliora. Chi accredita non valuta né fa: sono stato e regioni a dare i gradi ai provider che nei rispettivi àmbiti soddisfano i requisiti da essi fissati. I provider devono garantire pure formazione sul campo e a distanza, devono essere aggiornati: ci vedo atenei, Irccs, società scientifiche. L’ordine deve provvedere a che i prodotti di questi attori siano validi e diano garanzie al servizio per i cittadini in termini di equità ed accessibilità alle cure; inoltre deve tenere il registro dei crediti del professionista così come oggi conserva traccia di lauree e specializzazioni. Deve archiviare anche le valutazioni e diventare fonte autorevole cui le istituzioni si rivolgono per valutare i bisogni formativi della professione e la qualità della formazione ricevuta dai medici». «Infine gli ultimi 30 gradi della curva: il sistema necessita di risorse umane e anche finanziarie delle aziende sanitarie e delle industrie, farmaceutiche e biomedicali. Le innovazioni portate da queste imprese non hanno spazio se non accompagnate dalla formazione dei professionisti. E’ una materia su cui serve più trasparenza e più dialogo con il medico e il cittadino. Non c’è sanità di qualità, anche dal punto di vista tecnologico e dell’accessibilità, senza una formazione di alto livello».
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