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''Dolore, solo 10% ASL italiane ben attrezzato per terapie'' - Adnkronos Salute
Mercoledì, 8 Novembre 2006





Milano, 8 nov . (Adnkronos Salute) - Dopo tanti proclami, ancora molto lavoro da fare in Italia contro la sofferenza inutile. Meno del 10% delle strutture sanitarie italiane monitorate da Cittadinanzattiva è risultato in grado di garantire a tutti i livelli la terapia del dolore, mentre il 16% è completamente sprovvisto di servizi organizzati. Questa la fotografia emersa dal primo monitoraggio sulla Carta dei diritti contro il dolore inutile di Cittadinanzattiva, illustrato oggi all'Istituto Tumori di Milano. Lindagine è stata realizzata da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato su un campione di 33 Asl del Paese. Con risultati talvolta sconfortanti: nonostante la prevista creazione (linee guida del 24/5/2001) dei Comitati senza dolore in tutti gli ospedali, oltre il 36% non ha ancora provveduto all'insediamento.
Anche la rilevazione della sofferenza dei pazienti è ancora molto carente: i reparti in cui questa misurazione è più diffusa sono quelli di chirurgia (ma qui si fa solo nel 51% dei casi). Scarsissima invece la diffusione nei reparti di oncologia, rianimazione e ortopedia (tutti e tre al 18,2%), pediatria e ostetricia (15,1%). Per quanto riguarda il Pronto soccorso, nel 60,7% dei casi si effettua la rilevazione del dolore al momento del triage, sebbene il 39,4% delle strutture non abbia risposto alla domanda sul soggetto addetto. Peggiore il dato sulla somministrazione del farmaco anti-dolore, che solo nel 18,2% dei casi avviene nel momento del bisogno, mentre nel 30,3% entro 30 minuti dalla richiesta.
Passando all'ostetricia-ginecologia, il monitoraggio ha accertato che solo nel 42,4 % delle strutture è disponibile l'epidurale al momento del parto. Sebbene nella maggioranza dei casi il costo sia a carico delle Asl, poi, si registrano situazioni in cui invece viene pagata di tasca propria dai cittadini, per un valore di circa 650 euro. I farmaci più utilizzati nelle strutture ospedaliere nella stragrande maggioranza sono oppiacei deboli, fans e paracetamolo. In circa un caso su due (54,5%) si fa ricorso a oppiacei forti.
Completamente diversa invece la situazione delle cure sul territorio, in cui i fans la fanno da padrone (63,6%) e gli oppiacei restano fanalino di coda (21,2%). Dai dati - rileva Cittadinanzattiva - emerge quindi che la possibilità di accedere alle terapie del dolore dipende quasi totalmente dalla discrezione delle strutture e degli operatori. Un dato preoccupante riguarda poi le attività di formazione sul tema dedicate agli operatori, scese da un 45,4% del 2005 ad un 15,1% del 2006, indice di una diminuita attenzione al tema. Le cure palliative risultano erogate prevalentemente in regime di day hospital o in fase di ricovero (rispettivamente 66,7% e 60,6%), in poco più di un caso su due anche in assistenza domiciliare (57,6%) e solo in un terzo dei casi anche in hospice (30,3%). Ancora molto da fare, poi, sul fronte dell'informazione ai cittadini: circa il 43% delle strutture non ha mai realizzato o promosso alcuna iniziativa in questo senso. Anche per gli interventi rivolti ai bambini, la strada da fare risulta ancora molto lunga: il 53% delle strutture ha dichiarato di aver previsto interventi ad hoc per diminuire il senso di paura e dolore dei bambini, ma queste azioni risultano ancora inadeguate qualitativamente e quantitativamente. Basta guardare i numeri: è massiccio il ricorso alla semplice presenza del genitore (54,5%); segue la clown therapy (12,1%), la presenza di un infermiere (3%) o la pet therapy (3%). Inoltre, solo nel 36,4% delle strutture vengono adottate scale di rilevazione del dolore nel reparto di pediatria, e solo nel 24,2% dei casi si tratta di scale validate e a misura di bambino.
Le Asl non solo non sono in possesso delle necessarie strutture - dichiara Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanzattiva - ma trascurano anche adempimenti abbastanza semplici, come la creazione dei Comitati per l'ospedale senza dolore, l'emanazione di linee guida o la formazione del personale. Nonostante gli appelli di più parti - conclude - si fa ancora troppo poco perché si diffonda una vera cultura del dolore in Italia. Chiediamo che si adottino al più presto sistemi di rilevazione stabili e scientificamente validi, e che finalmente si riconosca il valore dell'attivismo civico, anche attraverso il riconoscimento ufficiale dei risultati prodotti dalle organizzazioni per la valutazione dei Direttori generali e del lavoro delle Asl e degli ospedali.(Red-Mal/Adnkronos Salute)
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